La Cicala Parlante – Scienza e realtà superano la fantasia

SCIENZA E REALTA’ SUPERANO LA FANTASIA

Un tempo, chi voleva sentirsi diverso, o faceva l’attore per diventare a ogni produzione un’altra persona o indossava altri abiti in privato, o si mascherava e non solo a Carnevale.
Oppure sognava. Oggi questa possibilità è virtualmente a portata di mano di chiunque ma con effetti disastrosi.
Un inquietante filmato “The Congress” di Ari Folman racconta una realtà distopica, in metropoli distrutte in cui la mafia gestisce ogni cosa, dentro sarcofaghi i cittadini languono felici collegati a flebo, alimentati con stupefacenti e convinti di vivere una bella vita mentre i loro avatar si muovono sugli schermi perennemente davanti ai loro occhi in un continuo di ruote della fortuna, giostre, fiorellini e farfalle, zucchero filato gigante, premi e cotillon.
Siamo davvero lontani da questa fantascienza? Non succederà come con i racconti di Jules Verne che si sono avverati tutti?
Vedo in giro persone obnubilate dai like, ragazzi perennemente, anche quando attraversano la strada, con l’occhio al telefonino e il braccio allungato in avanti pronto per un “selfie”, tutto è condiviso, anche quando ti trovi nell’ultimo luogo della casa privato per antonomasia, il bagno (Sgarbi docet), ci si firma con l’ avatar, si acquistano terreni virtuali nel Metaverso, infiniti sono i giochi virtuali, giovani miliardari con finti soldi comperano finti oggetti, influencer con pochissima arte e parte influenzano milioni di persone.
Recentemente studi scientifici raccontano di come il cervello possa essere truffato facilmente e di come gli si possa fare credere di vivere in un altro corpo, è il meccanismo dell’ “embodiment”.
Una delle più note ricercatrici in questo campo è la neuro scienziata Mavi Schez Vives che è stata anche ospite del “Meet Cultural Center” per il pubblico milanese sul tema delle emozioni.
L’”embodiment” che si può tradurre in reincarnazione è una tecnica che consente di ingannare il cervello, qualsiasi cervello, convincendolo di abitare un altro corpo anche totalmente diverso per colore, sesso, altezza, età basta mettere nello specchio in cui ci riflettiamo un’immagine diversa ma che fa, in sincrono, gli stessi movimenti nostri e le stesse mimiche facciali, in tempo reale, bastano una decina di minuti e il gioco è fatto: un anziano si crederà un bambino, un palestrato una ballerina, una bruttina Marilyn Monroe, un biondo glabro un indiamo Sioux, una casalinga una superstar sul tappeto rosso, un mingherlino un gigante e via così.
Andremo poi in giro con in testa la nostra nuova identità e parleremo con un vecchio che ci chiederà di guardare insieme Peppa Pig e un omone ci vorrà insegnare passi di danza e la nostra migliore amica canti africani e come farsi le treccine, vivremo una realtà capovolta due volte, quella virtuale e quella che crede il nostro cervello e nessuna delle due sarà vera: molto materiale per i filosofi, da discuterne per anni, vale a dire la solita arancia che è un’ arancia e che per i filosofi è “cosa è, perché è qui, a cosa serve e come è fatta, come la trattiamo”, li farà diventare matti perché si crederà una pera o un melone o un avocado.
Un po’ come l’avverarsi della favola dell’incantesimo della bacchetta magica: il principe diventa un rospo fino al bacio della bella. Non più bacchette “abracadabra”, basterà farglielo credere, salterà come un ranocchio anche senza averne prese le sembianze.
Altro che fluidi ,sarà l’apoteosi della quantistica: “io sono qui e sono questo o almeno così credo ma se mi giro e non mi vedo non ci sono più, nello stesso tempo sono anche altrove e qui e con te anche se tu sei, dove sei? Siamo insieme”.
“Siamo agli albori – sostiene la scienziata – ma immaginiamo come questo nuovo studio possa essere positivo per capire gli altri, le altre etnie”.
Se ci mettiamo negli altri panni si potrebbero finalmente far cadere i pregiudizi razziali, i giovani capirebbero come ci si sente da vecchi o malati o con handicap, gli uomini le donne e viceversa (qualche film su questo è stato fatto).
Per il momento si sta usando questa pratica nelle prigioni con qualche caso di violenza domestica per una riabilitazione più veloce, facendo capire il dolore e la paura delle vittime.
Potrebbe anche essere usato nelle scuole per abituare sin da subito all’altro diverso.
L’educazione è l’arma più potente per formare popoli sani e giusti: in questo caso ecco che una prassi virtuale che potrebbe portare all’alienazione e alla follia totale verrebbe invece trasformata in pratica positiva e rigenerante.
L’importante è che la notizia non arrivi al dottor Julius No della “Spectre”.
Quello sì sarebbe un guaio, perché il mondo è rimasto indifeso, senza 007 e senza la Regina.