CHIEDIMI SE SONO FELICE
(titolo di un divertente film di Aldo, Giovanni e Giacomo del 2000).
Samantha Cristoforetti risponderebbe che è felice dei suoi 178 giorni nello spazio e di rivedere ora la sua famiglia.
La Meloni direbbe che sarebbe felice se Berlusconi le lasciasse godere la sua vittoria senza remarle contro mentre di cosa lui sarebbe felice è difficile da diagnosticare.
Una persona a dieta è felice quando la bilancia conferma gli sforzi fatti privandosi dei dolci, un ammalato che è stato in ospedale è felice se torna a casa, gli basta ritrovare il suo divano, un quattordicenne è felice se prende un bel voto ma ancora di più se viene corteggiato, un abitante delle strade è felice se trova un buon pasto e una fontanella.
La lista dei diversi tipi di felicità è infinita.
La felicità non è scontata ed è rara ma appartiene all’umanità, chiunque può avere momenti felici perché la felicità è come una perla, ci sono quelli che hanno un giro collo, chi ne ha tre fili e chi solo due orecchini ma bastano.
Accontentarsi delle proprie perle è salutare, inseguire una felicità continua che non esiste è stancante, deprimente, faticoso e dispendioso e contribuisce a fomentare il capitalismo che ha dimostrato essere il motore peggiore per l’umanità: avere tutto e sempre di più e subito.
Da una giostra all’altra, senza perdere tempo fino a non volere più niente, non è diverso da droghe o alcool.
Recentemente mi sono trovata a cena con due care amiche d’infanzia, una di loro ha raccontato che si ritrova a commuoversi spesso davanti a un film, abbiamo tutte confermato questo fatto, ricordo che succedeva anche ai miei genitori a…una certa.
A Natale ci regaleremo fazzoletti.
Saper vivere e vivere bene dentro un dolore o un periodo poco allegro o malinconico è un dovere dell’apprendistato della crescita di una persona, più ti porti dentro il sapere e il dominio sulle emozioni, più cresci e cammini invece che vacillare, alla fine scopri che non è poi così male, è tranquillo, e se ti capita di inciampare su una perla e il cuore e gli occhi brillano, afferrala subito, sai già che dura poco.
Chi non ne è capace ricorre a illusioni per intorbidire il cervello.
Un saggio di Eva Illouz (cattedra di sociologia all’università di Gerusalemme): “Manufacturing Happy Citizens” parla di come l’industria della felicità controlli le nostre vite creando disagi profondi in tutti coloro che non riescono e si sentono per questo falliti, e metta al centro l’avere contro l’essere, tema caro dagli anni ‘70 (Erich Fromm “Essere o avere” ricordate?) oggi purtroppo totalmente passato di moda tra i più giovani.
Quindi la felicità potrebbe essere definita come il raggiungimento di un proprio desiderio, deve essere proprio, non indotto dalla società, anche se talvolta, la felicità arriva da un sacrificio fatto a nome della comunità, e si rivolge poi anche a nostro personale beneficio.
Quando nel 1995 l’allora ministro della salute in Cina, una donna, mise la regola del figlio unico, a noi sembrava una restrizione di libertà, lo fece perché in quel momento in Cina erano un miliardo e quattrocento persone, se non avessero regolato per almeno dieci anni le nascite, i cittadini sarebbero diventati due miliardi e il paese, non avrebbe avuto risorse per tutti.
Meglio avere un figlio solo ma poterlo crescere bene?
Questa legge ha migliorato da un lato la Cina , prodotto altre problematiche sociali, dipende sempre dai punti di vista, resta che la felicità è un fatto personale che sia per un paese o per una persona e spesso dipende anche dalla cultura del paese, laddove non vi siano imposizioni, autoritarismi, penso all’Iran, all’Afghanistan ma anche alle guerre iniziate per bieco potere.
Allora se siamo ancora spinti alla frettolosa ingordigia dal famoso sonetto del “Magnifico” nella sua “Canzone di Bacco” del 1490: “chi vuol esser lieto sia, del diman non v’è certezza”, anche vero, ma non v’è certezza nemmeno tra due minuti e teniamone pure conto un pochino ma leggetelo anche dall’altro lato : ”del diman v’è certezza”, la certezza che tutto quello che avete lasciato oggi lo ritrovate domani sul vostro tavolo: troverete i piatti non lavati, la mail non inviata, la telefonata non fatta, le parole non dette, il perdono non dato, l’appuntamento non preso, il tempo non tenuto per voi o famiglia e amici, una decisione che potrebbe cambiare la vostra vita.
Visto, c’è sempre qualcosa su cui contare.
Quindi fate una lista degli impegni dando le vostre priorità, e lasciate alle certezze del domani quelle meno importanti e rilassatevi, non desiderate di più, se poi vi capita una perla, vera, di fiume o di plastica sempre perla è, mettetela nell’ombelico, sul naso, su un sopracciglio, su un dito, attorno al collo ma non lasciatela.
Le ostriche fattrici di perle l’hanno capito mille anni fa, le perle sono prodotte da un fastidio dell’ostrica, per colpa di una specie di parassita che si introduce nel mollusco, questo per difendersi crea uno strato di madreperla.
Ne possiamo dedurre che le perle di felicità ce le dobbiamo fare da soli, del resto un vecchio detto popolare dice: “Se cerchi qualcuno che ti dia una mano, ricordati che ne hai due.”
Il vostro fastidio qual’è?
Qual’è la vostra perla?
Giacomo invece nel film citato, per essere felici ci dice: “cerca di essere un tenero amante”
“e fuori dal letto?! chiede Giovanni
“nessuna pietà.” risponde Aldo.